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Verso il Patto dell’Appennino: contrabbandare convergenze

  • Categoria dell'articolo:Bologna / Italia
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Nei secoli passati la dorsale appenninica ha rappresentato a lungo un confine. C’è né ampia testimonianza nella toponomastica, che ci racconta di dogane, stazioni postali e controlli militari. E poi, fuori dalle direttrici principali, ritroviamo le tracce dei sentieri dei contrabbandieri, e i tanti percorsi lungo i quali si sono costruiti, decennio dopo decennio, relazioni, solidarietà, cospirazione. Terre nelle quali ha stazionato il fronte della Seconda guerra mondiale, e dove le partigiane e i partigiani e le comunità locali hanno pagato un prezzo altissimo per costruire spazi di libertà.

È da contrabbandiere/i che vogliamo affrontare i passi e smuovere i confini che separano le due aree metropolitane. Evitando le scorciatoie che nelle valli hanno portato cementificazione e distruzione del territorio, con danni mai calcolati ed incalcolabili prodotti da un’infrastrutturazione che non ha pensato alle relazioni tra le popolazioni, ma soltanto al flusso delle merci. Tra Bologna e Firenze, abbiamo l’ambizione di tracciare nuovi sentieri metaforici che possano farci (ri)scoprire gli scorci più belli dei percorsi che attraversiamo con la nostra quotidianità.

Quel che vogliamo scambiare, da una parte all’altra di un confine oggi solo amministrativo, sono idee, suggestioni, pratiche e processi di lotta. Un percorso già accennato, nato dalla mobilitazione del Collettivo di Fabbrica GKN, che ha portato più volte le/i bolognesi a varcare i passi appenninici per supportare la fabbrica in lotta, e che ha visto lo stesso Collettivo attraversare Bologna non soltanto nella manifestazione del 22 ottobre 2022, ma in decine di appuntamenti di confronto, discussione, convergenza.

Quel che vediamo, da un versante all’altro dell’Appennino, è una suggestione che si fa processo: l’idea che ‘convergere per insorgere’ possa essere non soltanto una forma di mutuo supporto, ma un percorso collettivo capace di costruire spazi di autonomia ed emancipazione, di generare alternative sistemiche, di contribuire a ribaltare i rapporti di forza. Uno spazio sociale trans-territoriale che sappia produrre giustizia sociale e climatica, guardando al territorio non come una risorsa, ma come uno spazio comune nel quale costruire relazioni e con il quale entrare in connessione, e al lavoro come strumento e opera per costruire collettività e per rispondere ai bisogni comuni, con l’obiettivo di garantire a tutte e tutti noi una vita bella.

Ci sembra che l’area territoriale che comprende Bologna e Firenze – che sono, anche, le città al centro di due aree metropolitane – possa rappresentare un terreno in cui sperimentare relazioni complesse che vanno al di là delle singole lotte e vertenze per farsi processo convergente. Lo pensiamo perché, seppure in maniera frammentata, discontinua, non lineare, la convergenza ha già dimostrato in entrambe le città il suo potenziale di mobilitazione; perché conosciamo il tessuto sociale, associativo, conflittuale, sindacale, mutualistico, di lotte, di protagonismo sociale di entrambe le aree urbane; e perché sappiamo che il collegamento tra Bologna e Firenze non è una linea retta tracciata dall’Autostrada del Sole, ma un percorso che si arrampica nelle valli attraverso tornanti e strade secondarie, perché è qui che incrocia le tante persone che su quei pendii stanno costruendo spazi di resistenza e di alternativa.

Come abbiamo affermato altre volte, non abbiamo una definizione univoca di ‘convergenza’. Convergere non è un metodo, ma un processo, che si dà a partire dalle relazioni che siamo capaci di costruire, di cui è espressione e pratica. Tra Firenze e Bologna, e con le tante fermate intermedie nei territori, vogliamo provare a costruire un patto sociale: il Patto dell’Appennino. È un patto di dignità, resistenza, lotta, autonomia, coraggio e ambizione.

Un Patto che sancisca le nostre molteplici relazioni e cospirazioni e rafforzi la nostra cooperazione. Perché siamo alla ricerca della possibilità di aprire un nuovo tempo, che possiamo costruire soltanto mettendo insieme saperi e pratiche, suggestioni e iniziative, esperienze e strumenti.

Per questo, vogliamo sviluppare un percorso articolato su quattro pilastri tematici che qui abbozziamo:

  • Acqua, aria, terra, fuoco. Nella crisi climatica, è impensabile continuare a guardare ai territori che viviamo come a risorse da sfruttare. Vogliamo ragionare della territorialità come costruzione del ‘comune’, non limitandoci a ‘difendere la Terra’, ma costruendo pratiche e strumenti per una relazione collettiva con i territori, nuovi metabolismi tra metropoli e foresta, capaci di costruire autonomia alimentare, permaculture e compostaggi, nuove culture e conoscenza.
  • La mobilità è un diritto. Muoversi significa costruire relazioni sociali, personali, mutualistiche, economiche, culturali, politiche. Vogliamo approfondire i percorsi per opporci alla crescente cementificazione del territorio e garantire il diritto al trasporto collettivo e alla mobilità dolce. Vogliamo immaginare forme di logistica e contro-logistica capaci di riflettere sul ruolo sociale della movimentazione dei beni.
  • Fabbricare collettivo. Ciò che produciamo è oggi al servizio del profitto, e risponde a dinamiche economiche che nulla hanno a che fare con una visione collettiva. Vogliamo ripensare il ‘fare’ e la sua etica, i modi con i quali ci scambiamo beni e servizi, la tradizione cooperativa, il mutualismo, aprendo spazi di critica e di autonomia sul produrre, distribuire e consumare e sulla loro dimensione sociale.
  • Per un nuovo abitare. Vivere oggi significa ripensare come mangiamo, che tessuti di relazioni costruiamo, come lavoriamo, come amiamo, che tetto possiamo avere sopra la testa, che infrastrutture digitali mobilitiamo, come ci spostiamo, e tanto altro ancora. Vogliamo pensare a nuovi modi di abitare i territori in forme collettive, trans-femministe, egualitarie ed emancipative.

A partire da questi assi, ci poniamo una serie di domande politiche: come possiamo da un lato mobilitare una genealogia di cooperazione, mutualismo, lotta e organizzazione che caratterizza questi territori, e dall’altro aprirci a una nuova epoca da costruire? Come possiamo tradurre oggi le pratiche di lotta e autonomia del cooperativismo e mutualismo operaio, del sindacalismo e dei movimenti? Come possiamo costruire percorsi di mobilitazione capaci non solo di alludere, ma anche di praticare l’alternativa e di sviluppare dinamiche di contropotere?

Nei prossimi mesi vorremmo rafforzare relazioni e costruire confronti tra questi territori, agendo la scommessa della dimensione metropolitana come spazio nel quale ridefinire rapporti di forza e costruire alternative, con la suggestione di costruire in primavera un momento di discussione collettiva a partire dai quattro pilastri tematici.

Questa è solo una prima traccia di progetto e discussione, che abbiamo iniziato ad approfondire collettivamente il 4 dicembre a GKN nella giornata di mobilitazione della fabbrica occupata, con la prospettiva di aprire un percorso ampio di connessioni, iniziative e progettualità tutta da immaginare.

Scarica la traccia di discussione in formato PDF

Leggi l’invito alla seconda tappa di discussione (29 gennaio 2023)