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Passante e mobilità nell’area metropolitana di Bologna

  • Categoria dell'articolo:Bologna
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Come contributo alla discussione dell’assemblea sulla mobilità del 1 dicembre, il prof. Vincenzo Balzani ci ha inviato questo approfondimento sul significato dell’allargamento del Passante di Mezzo per la mobilità dell’area metropolitana, e le sue conseguenze nella sfida posta dal cambiamento climatico.

Passante e mobilità nell’area metropolitana di Bologna

diVincenzo Balzani, Università di Bologna

  1. Il cambiamento climatico

È da più di trent’anni che il Comitato Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) delle Nazioni Unite ha affrontato il problema del cambiamento climatico. Gli scienziati sono concordi sul fatto che l’uso dei combustibili fossili, oltre a generare sostanze inquinanti pericolose per la salute, riversa nell’atmosfera quantità enormi (circa 1000 tonnellate al secondo!) di anidride carbonica (CO2) che causano il riscaldamento del pianeta con conseguente scioglimento dei ghiacci, innalzamento del livello dei mari, avanzamento della siccità in molte regioni e eventi metereologici estremi con danni alla popolazione, alle colture e alle infrastrutture. Il Fondo Monetario Internazionale ha stimato che a causa del cambiamento climatico tra il 1980 e il 2020 il nostro paese ha subito danni da eventi climatici estremi pari a 200.000 euro per chilometro quadrato e tra il 2005 e il 2014 perdite tra l’1,5% e il 2,5% del PIL.

C’è voluto tempo, ma anche i politici hanno incominciato ad occuparsi del problema e, sotto l’egida dell’ONU, ogni anno vengono organizzate conferenze (COP) sul cambiamento climatico. Nel 2015 alla COP21 di Parigi i delegati delle 195 nazioni presenti hanno unanimemente riconosciuto che “il cambiamento climatico è il problema più importante per l’umanità” e hanno promesso che avrebbero affrontato il problema. Cosa che praticamente non è avvenuta, tanto che lo scorso anno, alla COP26 di Glasgow, il segretario dell’ONU Gutierrez, sottolineando i crescenti danni causati dal cambiamento climatico, ha concluso amaramente dicendo: “Stiamo procedendo sulla strada che ci porterà alla catastrofe”. Nel chiudere la recente COP27 tenutasi nel novembre scorso Sharm El-Sheikh in Egitto, constatando la scarsità di progressi fatti per limitare il cambiamento climatico Gutierrez ha ammonito: “Il tempo stringe, le emissioni di gas a effetto serra continuano ad aumentare, la temperatura globale continua a salire e il nostro Pianeta si sta avvicinando rapidamente a dei punti di non ritorno che renderanno la catastrofe climatica irreversibile. L’umanità è di fronte ad una scelta: cooperare o morire”. Alla fine della Conferenza ha anche lanciato l’idea di un Patto di Solidarietà Climatica, perché si sa già cosa bisogna fare e ci sono gli strumenti finanziari e tecnologici per farlo; è tempo che le nazioni si uniscano per agire.

L‘Italia non ha ancora un piano di adattamento climatico. Anche in questi ultimi giorni si sono verificati eventi climatici con gravi conseguenze: il disastro di Ischia, le forti mareggiate lungo la costa adriatica dal Veneto alle Marche, l’acqua alta a Venezia, la siccità in Emilia-Romagna e ondate di calore che sempre in Emilia-Romagna hanno causato un aumento del 13% dei decessi rispetto alla media registrata nel quinquennio 2015-2019; nel 2021  l’Italia si è collocata al primo posto fra i paesi europei per morti causati dai combustibili fossili, con 36.570 decessi.

Ci si può chiedere: cosa c’entra il Passante di Bologna con tutto questo? C’entra, perché ogni nazione, ogni regione, ogni città deve favorire, non ostacolare la transizione energetica. Per contribuire al raggiungimento di questo risultato bisogna fare due cose: sviluppare il più possibile la produzione di energia rinnovabile e eliminare l’uso di combustibili fossili. In Italia, in Emilia-Romagna, aBologna si fanno queste due cose? A me sembra di no: a livello nazionale, continuano sotto diverse forme, i sussidi all’uso dei combustibili fossili (Sad: sussidi ambientalmente dannosi); la Regione fa accordi con la Snam, l’università con Eni; a Bologna si continua a mettere in strada autobus a metano; a Rimini c’è una forte opposizione alla costruzione di parchi eolici off shore  a 10 miglia dalla spiaggia perché rovinano il panorama!

Nel 2017 sono stato chiamato a far parte della commissione di esperti del Pums (Piano urbano della mobilità sostenibile). Feci notare al sindaco allora in carica che il punto chiave della mobilità a Bologna era quello del Passante. Mi rispose che gli accordi erano già presi e non si poteva ricominciare a discuterne. In quella commissione affrontammo molti problemi e suggerimmo valide soluzioni per una mobilità sostenibile, ma del Passante non se ne parlò mai.

  • La transizione energetica

Sappiamo che è in atto un cambiamento climatico disastroso e siamo certi che è dovuto essenzialmente all’anidride carbonica generata dall’uso di combustibili fossili. Dobbiamo quindi capire che la transizione alle energie rinnovabili è necessaria e urgente. Numerosi studi dimostrano che con la transizione energetica l’economia migliorerà e aumenterà l’occupazione. Oggi non ci sono più i “negazionisti” riguardo il cambiamento climatico, ma ci sono gli “inattivi”, fra i quali l’ex ministro Cingolani: persone che riconoscono la necessità di questa transizione, però dicono che bisogna stare attenti a non danneggiare l’economia (Cingolani), che le energie rinnovabili non sono ancora mature (Descalzi Eni), che non si può ostacolare lo sviluppo della Motor Valley emiliana (Bonaccini), che non dobbiamo avere fretta perché poi arriverà il nucleare da fusione (Cingolani, Eni) e così risolveremo definitivamente il problema dell’energia. Per cui, dicono che almeno per qualche tempo non possiamo fare a meno di usare i combustibili fossili. Eni, con paginate di pubblicità sui principali giornali, è maestra in questa attività volta a sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dal problema reale e urgente di abbandonare l’uso dei combustibili fossili.

Sappiamo che il problema è molto complesso perchè le varie nazioni si trovano in situazioni molto diverse riguardo le fonti energetiche. Alcune, come Russia, Iran e Arabia Saudita, hanno grandi riserve di combustibili fossili e tendono non solo ad usarli, ma anche ad esportarli. Altri paesi, come l’Italia, hanno riserve trascurabili, ma hanno potenti aziende petrolifere (Eni in Italia) che estraggono e commerciano combustibili fossili facendo grandi profitti e, quindi, cercano di rallentare la transizione energetica.  Alcuni paesi molto importanti, come Cina e India, cercano di mettere in atto la transizione, ma hanno problemi interni di vario tipo da risolvere. Un folto gruppo di paesi in via di sviluppo, poi, non dispone di competenze e tecnologie appropriate. Quindi, è vero che, come ha affermato il vicepresidente della Commissione europea Timmermans, molti paesi non sono pronti a fare progressi nella lotta contro la crisi climatica, ma è anche vero che il tempo stringe e che i paesi che finora li hanno usato i combustibili fossili senza freni  devono essere i primi a portare avanti la transizione. Ecco allora perché Gutierrez in Egitto ha lanciato un disperato appello affinché nasca uno storico Patto tra economie sviluppate ed economie emergenti: il Patto di Solidarietà Climatica; è tempo che le nazioni si uniscano per agire perché si sa già cosa bisogna fare e sono disponibili gli strumenti tecnologici per farlo. Questa proposta e la bozza di documento riguardante il fondo per indennizzare le perdite e i danni (loss & damage) causati dal cambiamento climatico sono gli unici risultati positivi della Cop27. Ma questo non ci deve indurre al pessimismo. Gli scienziati (ad es., Mark Jacobson, Stanford University) sostengono infatti che in futuro useremo solo energia elettrica prodotta solo con fotovoltaico, eolico ed idroelettrico, quindi senza combustibili fossili e senza nucleare.  Nel 2030 si può arrivare a compiere i 2/3 della transizione, che potrà essere completata entro il 2050.

  • Il nodo autostradale di Bologna

Il nodo autostradale di Bologna è cruciale per il sistema di trasporto nazionale e internazionale. Vi convergono tre autostrade (A1, A13 e A14) e vi transita una parte rilevante del traffico merci che attraversa l’Europa. Ai suoi lati scorre la tangenziale di Bologna. Questo “nastro” a 12 corsie, posizionato a poco più di tre chilometri dal centro storico, è percorso quotidianamente da circa 180 mila veicoli. Da molti anni si discute sulle soluzioni per risolvere la congestione dell’intero asse. Alla fine del 2021 il consiglio comunale di Bologna ha approvato definitivamente il progetto, chiamato Passante di Nuova Generazione. Si prevede un ampliamento a 16/18 corsie, nei punti di massima ampiezza si raggiungeranno i 70 metri, più di Piazza Maggiore. Si prevede, ovviamente, un notevole incremento del traffico. Progettazione e realizzazione sono affidate ad Autostrade per l’Italia, a cui è stata demandata anche l’analisi ambientale.

La novità rispetto al progetto originario presentato nel 2016 è rappresentata dall’inserimento di alcune opere di mitigazione. La nuova amministrazione comunale sostiene che, con queste opere, il Passante può essere definito “green”, o “di nuova generazione”, e che rappresenta un “simbolo della transizione ecologica”. Come vedremo, purtroppo non è così. Notiamo che, nel frattempo, Bologna si è candidata ad essere una delle 100 città europee a impatto climatico zero nel 2030 (progetto europeo ‘Climate-neutral and smart cities). Obiettivo problematico, considerando anche che nel 2019 il Comune aveva fatto una dichiarazione di emergenza climatica.

  • Il Passante: guardiamo al futuro

La discussione sull’allargamento del passante non può essere basata sulla situazione odierna, ma deve guardare al futuro, anche perché per le modifiche ci vorrà una decina d’anni. È statisticamente provato che, in Italia e nelle altre nazioni sviluppate, la costruzione di una nuova strada o l’allargamento di una strada che già c’era favorisce l’aumento del traffico e quindi il consumo di combustibili fossili. Sappiamo anche che per evitare la catastrofe climatica dobbiamo azzerare il loro uso. Questo significa che dobbiamo passare dai trasporti privati a quelli pubblici e dai combustibili fossili alla elettricità prodotta dalle energie rinnovabili. Quindi bisogna potenziare le ferrovie, mezzo di trasporto pubblico che utilizza l’elettricità che fra circa un decennio sarà tutta prodotta con energie rinnovabili. Non possiamo continuare a trasportare le merci da Bari al nord Italia o in Svizzera lungo le strade con camion che usano combustibili fossili. Passare a camion con trazione elettrica non sarà facile e, in gran parte, neppure necessario; vediamo che fatica si fa a passare alle auto elettriche, figuratevi i camion. Quindi, oggi se si fa una nuova strada si favorisce, per i prossimi dieci-quindici anni, l’uso dei combustibili fossili. Una strada nuova, quindi, non è altro che un sostegno ambientalmente dannoso (Sad). L’allargamento del passante, poi, faciliterebbe l’avvio di altri progetti in cantiere, come la terza corsia della A13 (Bologna-Padova) e della quarta corsia sulla A14 (Bologna-Ravenna), moltiplicando le conseguenze dannose. Allargando le autostrade certamente non si favorisce l’uso del treno per le persone e le merci.

Ecco perché le scelte sul Passante di Bologna sono importanti. Si dice che la soluzione che si è adottata favorisce la transizione ecologica. Non è vero. Questo Passante farà transitare più automobili e più autocarri. Per andare nella direzione giusta, che è quella delle energie rinnovabili, delle ferrovie e dei mezzi elettrici pubblici o privati, il nuovo Passante certamente non aiuta. Secondo la International Energy Agency (I.E.A.) l’unica soluzione duratura per la crisi energetica globale è un aumento degli investimenti in tecnologie e infrastrutture per le energie rinnovabili.

  • Inquinamento

Oltre a produrre enormi quantità del gas clima alterante CO2, l’uso dei combustibili fossili genera sostanze inquinanti, dannose per la nostra salute. Si stima che il traffico sul Passante, così com’è oggi, provochi il 40% delle emissioni nella zona di Bologna. Il Comune ha promesso una sorveglianza epidemiologica, ma le centraline per monitorare la qualità dell’aria, prescritte dal decreto VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) del 2018, non ci sono ancora.

Considerato l’aumento del traffico, Il nuovo passante produrrà certamente una quantità ancora maggiore di sostanze inquinanti, concentrando lo smog nelle periferie: non è proprio un atto di giustizia climatica. La scienza ha sviluppato varie tecniche per abbattere le polveri inquinanti, gli ossidi di azoto e le sostanze organiche nocive generate dall’uso dei combustibili fossili: correnti di gas, filtri, catalizzatori, elettrofiltri, appropriati materiali per la pavimentazione stradale e vernici fotocatalitiche. Ma, come riportato nelle ottanta pagine dell’analisi redatta dal Cnr e intitolata“Sullo stato di applicazione delle diverse tecnologie per l’abbattimento di inquinanti nei tunnel disponibili sul mercato a livello nazionale e internazionale”, le esperienze finora compiute sono pochissime e i risultati non sono certo incoraggianti. In ambienti chiusi, per esempio le stanze di un ospedale, le vernici fotocatalitiche sono usate con successo, ma il Passante è un sistema prevalentemente aperto e, inoltre, queste vernici spalmate sulle volte delle parti coperte andrebbero continuamente irradiate con luce visibile o ultravioletta, con grande consumo di energia e, quindi, ulteriore inquinamento. La relazione del Cnr conclude dicendo che “i dati provenienti dalle sperimentazioni effettuate non consentono di effettuare valutazioni statistiche sulla efficacia dei fotocatalizzatori in contesti reali e soprattutto in ambienti esterni”.  

Quanto agli elettrofiltri, si tratta di apparecchiature efficaci per abbattere le polveri inquinanti negli scarichi di una sorgente “puntuale”, come le ciminiere delle centrali a carbone o di altri impianti industriali. Per il Passante, che è un sistema aperto, bisognerebbe costruire centrali di filtrazione a terra, esterne, con camini e ciminiere. Oltre all’energia necessaria per far funzionare queste centrali, c’è il problema di un ulteriore consumo di suolo. Nella relazione del Cnr si legge anche che “l’uso di precipitatori elettrostatici e in generale di sistemi di abbattimento degli inquinanti in galleria non è universalmente accettato”, perché la loro efficienza “può variare di molto da sito a sito e sono quindi necessari approfondimenti specifici riguardanti l’effettivo beneficio in termini di riduzioni delle emissioni inquinanti”. E si legge anche che “alcuni paesi come la Norvegia hanno abbandonato l’uso di tutti i sistemi di filtrazione a causa di incerte prestazioni e costi operativi elevati derivanti dal consumo di energia”». Qualsiasi opera di mitigazione comporta consumo di suolo e spese non solo per la costruzione, ma anche per l’alimentazione energetica e la manutenzione dell’impianto. Questo metodo di ridurre i danni dovuti al consumo di energia mediante tecniche che consumano altra energia ha il suo più eclatante esempio nella tecnica CCS (Carbon Capture and Storage) che Eni vorrebbe usare per neutralizzare le emissioni di CO2 delle industrie che nella zona di Ravenna usano combustibili fossili; per permettere loro di continuare a farlo.

4.2. Produzione di CO2

Secondo Autostrade per l’Italia il passante allargato emetterà 266.000 tonnellate di CO2 all’anno. Queste emissioni superano di 1.885 tonnellate quelle che il passante emetterebbe se non fosse allargato. Per mitigare le emissioni si prevede un intervento per rimboschimento di circa 75 ettari che assorbiranno 359 tonnellate di CO2 all’anno e l’istallazione di impianti fotovoltaici sugli edifici pubblici per un totale di 50 MWp che compenserebbero altre 32.664 tonnellate di CO2, per un totale di 33.000 tonnellate. Restano però 233.000 tonnellate all’anno da compensare. Senza contare la CO2 che sarà emessa durante la realizzazione dell’opera. Questo rende quanto meno problematico l’obiettivo di Bologna carbon neutral al 2030.

Lo studio prevede che l’allargamento del Passante porterebbe a una riduzione complessiva della CO2 da traffico veicolare nell’agglomerato urbano (Bologna e comuni limitrofi), al pari di quanto avverrebbe per le sostanze inquinanti, grazie a “un’attrazione del traffico sulla nuova configurazione dell’infrastruttura proprio dalla rete locale, permettendo così di migliorare le condizioni di circolazione dei veicoli nella viabilità locale, a fronte di un incremento di traffico sul sistema tangenziale”. Questo beneficio è stimato essere 1.850.000 tonnellate, che però corrispondono a meno dell’1 per mille delle emissioni da traffico veicolare stimate nell’area considerata. Valori ben lontani dalle raccomandazioni dello Special Report IPCC del 2018, che indicano la necessità di ridurre le emissioni in tutti i settori del 40-50% entro il 2030 per evitare un aumento della temperatura globale superiore a 1,5 gradi e le ulteriori gravi conseguenze che questo comporterebbe.

  • Cosa si dovrebbe fare

La transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili è inevitabile, urgente e conveniente sia dal punto di vista economico che per l’occupazione. A parità di capitale investito, le energie rinnovabili danno lavoro a un numero di persone tre volte maggiore rispetto ai combustibili fossili.

La prima cosa da fare, allora, è togliere tutti i sussidi, diretti o indiretti, ai combustibili fossili. Purtroppo, le industrie petrolifere hanno una forte influenza sul governo, che non interviene. La situazione creata dalla guerra in Ucraina ha permesso alle compagnie petrolifere di fare inattesi, ingenti profitti (denominati extra profitti), che lo Stato ha grandi difficoltà a tassare.

Bisogna fare molta attenzione a non cadere nella trappola del metano, che viene proposto da Eni come energia alternativa a petrolio e carbone per generare energia elettrica e per la mobilità, e anche come energia ponte in attesa che le rinnovabili diventino “mature”. A parte il fatto che le energie rinnovabili “mature” lo sono già (il fotovoltaico converte l’energia solare in energia elettrica con una efficienza 100 volte maggiore di quella con cui la fotosintesi naturale converte l’energia solare in energia chimica!), non è vero che il metano è un combustibile meno dannoso del petrolio.

Infatti, se è vero che, a parità di energia prodotta, la quantità di CO2 generata usando il metano è di circa il 30% inferiore a quella generata dal petrolio e derivati, è anche vero che il metano è un gas serra 86 volte più potente della stessa CO2. Poiché si stima che nella filiera del metano, che porta dal pozzo di estrazione all’uso attraverso molte operazioni, ci siano perdite (metano fuggitivo) di almeno il 3% rispetto alla quantità usata, si deve concludere che per quanto riguarda i danni al clima il metano è più dannoso degli altri combustibili fossili. Il metano, inoltre, quando brucia genera polveri molto più “sottili”, e quindi molto più dannose alla salute, di quelle generate dal diesel. Quindi, usare il metano come combustibile ponte in attesa dello sviluppo delle rinnovabili non è utile per mitigare i cambiamenti climatici e neppure per ridurre i danni da inquinamento. La sostituzione degli autobus a gasolio con autobus a metano, anche usando la costosa tecnologia LNG (Liquid Natural Gas), non ha fatto altro che ritardare il passaggio a autobus elettrici, già da tempo utilizzati a Torino, Milano, Bergamo e altre città. Qui a Bologna la Regione avrebbe dovuto favorire la conversione della Breda Menarini per la produzione di autobus elettrici.

Ho spiegato questi concetti in riunioni del Pums e anche direttamente ai dirigenti di Tper già nel 2018, ma negli anni successivi si è continuato ad acquistare autobus a metano.

Per abbandonare l’uso dei combustibili fossili è ovviamente necessario sviluppare al massimo grado le energie rinnovabili al fine di produrre una quantità di elettricità sufficiente per alimentare la mobilità basata sulla trazione elettrica sia per le persone (ferrovie, metropolitane, tramvie, bus elettrici, auto elettriche …) che per le merci, sia sulla corta che, soprattutto, sulla lunga distanza.  Bisogna quindi estendere l’istallazione di pannelli fotovoltaici e di pale eoliche evitando, ovviamente, il loro eventuale impatto negativo sul territorio. Per i mezzi di trasporto che si possono collegare direttamente alla rete elettrica, come i treni, non c’è problema di rifornimento di energia. I veicoli non collegabili alla rete (ad esempio, le auto) devono avere al loro interno un “serbatoio” di energia elettrica. Dipendentemente dal tipo di veicolo e dal suo uso, i “serbatoi” di energia elettrica possono essere batterie, che è la soluzione più comune, oppure, bombole di idrogeno, prodotto mediante elettrolisi dell’acqua con energia elettrica rinnovabile, che nel veicolo viene riconvertito in energia elettrica mediante pile a combustibile. Le conversioni energia elettrica-idrogeno-energia elettrica riducono l’efficienza energetica, ma usando idrogeno si può caricare nel veicolo una quantità di energia maggiore di quella che si può immagazzinare nelle batterie, molto pesanti. Proprio in questi giorni Finmeccanica ha varato una grossa nave da crociera a idrogeno.

A mio parere è anche necessario che una grande città come Bologna, sede di una famosa ed eccellente università, promuova una profonda operazione culturale per spiegare alle persone che bisogna completare rapidamente la transizione alle energie rinnovabili. Accade invece che, all’Europa vuole fermare entro il 2035 la produzione di auto con il motore a combustione, il governatore della nostra regione chiede una deroga per le macchine prodotte nella Motor Valleydell’Emilia-Romagna: Ferrari, Maserati, Lamborghini e altre potenti auto di lusso, grandi emettitori di CO2 e di sostanze inquinanti, insostenibili dal punto di vista ecologico e sociale.

Infine, vorrei ricordare che a livello nazionale per il Covid è stato creato un comitato tecnico-scientifico col quale gli scienziati sono riusciti a fornire ai politici linee guida molto utili. Bisognerebbe che la politica capisse che cambiamento climatico e inquinamento sono problemi più gravi di una pandemia anche se, essendo fenomeni più graduali, sono meno evidenti e sembrano meno urgenti. Anche per il cambiamento climatico e l’inquinamento andrebbero quindi istituiti comitati tecnico-scientifici ai quali sottoporre tutti i progetti importanti. Questo vale sia a livello nazionale che regionale. Ma non sta accadendo e non mi risulta che sia accaduto per decidere come risolvere il problema del Passante.