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La fabbrica socialmente integrata

  • Categoria dell'articolo:Italia
  • Tempo di lettura:4 minuti di lettura

Domenica scorsa siamo stat* ancora una volta a Campi Bisenzio, in quella fabbrica che dal luglio 2021 è occupata dalle lavoratrici e dai lavoratori del Collettivo di Fabbrica GKN che si ostinano a difendere il proprio diritto al lavoro. Ma, a differenza delle altre volte in cui abbiamo varcato quei cancelli, domenica scorsa – ed è stato così per tutti i giorni a seguire – i piazzali fremevano di attività: centinaia di persone, infatti, si ritrovano ogni mattina per portare il proprio aiuto alle popolazioni alluvionate della Toscana, per consegnare beni alimentari e di prima necessità, per prendere in prestito degli stivali e una pala e andare a svuotare da acqua e fango le case di sconosciuti.

Insieme alle Brigate di Solidarietà Attiva, K100 Camilo Cienfuegos, lavoratori di Mondo Convenienza in sciopero, Cdp Quinto Basso, Cs Lebowski, e tante altre realtà, il Collettivo di Fabbrica GKN è in questi giorni il cuore pulsante della solidarietà. E lo abbiamo toccato con mano anche domenica, quando all’assemblea – che era stata convocata nelle settimane precedenti per discutere la situazione della vertenza GKN – tanti interventi erano ‘sporchi di fango’. Perché, nonostante lunghi mesi senza salario, la minaccia dei licenziamenti, i tentativi della proprietà di far sgomberare la fabbrica, l’assenza irresponsabile di chi governa, appena ha smesso di piovere centinaia di persone e di solidali si sono messe al lavoro, senza sosta.

E così, la fabbrica è diventata lo spazio sociale dove si organizza la solidarietà. Ma, anche, dove si discute di ‘altrovi possibili’. Perché – e il Collettivo di Fabbrica GKN ha contribuito molto nell’allargare questa prospettiva – non c’è lavoro senza territorio, e non c’è salario senza dignità: se la crisi climatica è l’ennesima faccia con cui si presenta al mondo il profitto di pochi, rivendicare un lavoro degno significa anche dare a quel lavoro un valore collettivo. E, in un Pianeta che brucia mentre le nostre terre franano e s’allagano, non c’è dignità sociale nel fabbricare un ordigno o nel cementificare un territorio.

Quel che abbiamo visto all’opera in questi giorni è la fabbrica socialmente integrata. Non uno slogan, un modo come un altro per dare spessore sociale alla propria vertenza, ma la forza e la capacità di sentirsi parte di un tessuto collettivo nel quale la prima domanda posta è “e tu, come stai?”. Quella di un collettivo operaio che, nonostante la drammatica spada di Damocle che pende sulle proprie teste, apre l’assemblea che ha convocato parlando del genocidio in corso a Gaza, e si pone il problema di mettere centinaia di volontar* nelle condizioni di dare una mano, ponendo la propria struttura organizzativa e le proprie competenze al servizio della collettività.

In tempi difficili nei quali la guerra sembra travolgere il Pianeta, il riscaldamento globale segna nuovi record, i fenomeni estremi colpiscono sempre più duramente i luoghi che viviamo, nuovi sfruttamenti si fanno strada, e i diritti – alla casa, alla mobilità, alla salute, … – vengono mercificati, costruire lo spazio sociale della giustizia climatica è imperativo. E, in questo spazio, ci sono i percorsi come quello del Collettivo di Fabbrica GKN, capace di suggestionare e costruire convergenze. Nelle prossime settimane, queste convergenze hanno bisogno del sostegno di quella forza collettiva che ci fa dire che si parte e si torna assieme: lo potremo fare partecipando alle iniziative che proporrà il Collettivo di Fabbrica GKN e sostenendo la campagna  di azionariato popolare  “100 per 10.000” della SOMS Insorgiamo.