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Tra lavoro e crisi climatica: alternativa o spazio di lotte?

23 Marzo 2023 | 17:00 19:00

Con Emanuele Leonardi (Università di Bologna)

«È uscito un articolo nel quale sostanzialmente si diceva “avete voluto Greta e ora vi beccate i licenziamenti”». Così commentava uno dei portavoce del Collettivo di fabbrica GKN in merito alle narrazioni adottate contro le lotte operaie nello stabilimento di Campi Bisenzio. Il tema è centrale ed è destinato a coinvolgere ogni forma del lavoro. Si tratta di rovesciare verso il basso le difficoltà, le responsabilità e i costi di una – al momento, futura -transizione energetica che, quantomeno in alcune parti del mondo, sta entrando nelle agende politiche di organi nazionali e transnazionali.


Di contro, non viene avviata alcuna riflessione sui motivi che portano la ricchezza a concentrarsi nelle mani di pochi che verosimilmente stanno già calcolando come guadagnare il più possibile da questo cambiamento. Anche rispetto a questo una visita alla fabbrica occupata GKN è consigliata: i migliori macchinari dell’automazione dell’Industria 4.0 sono tutt’ora lì, impacchettati e immobili da un anno e mezzo, prodotto di un meccanismo speculativo che spinge verso l’aumento della produzione a fronte di una dichiarata crisi aziendale che ha portato alla chiusura dello stabilimento.

L’ideologia dell’infinita crescita economica, quindi, nasconde alcuni degli elementi di ingiustizia delle forme di produzione contemporanea che, forse, possono essere svelate con alcune domande.

Con la retorica del sacrificio, cosa viene prodotto? Una Lamborghini o un autobus per il trasporto pubblico? Cosa viene portato fino a casa? Il libro disponibile nella libreria accanto o la spesa per chi ha difficoltà motorie? A che scopo i supercomputer del mondo arrivano a consumare quanto intere città? La nostra profilazione delle nostre vite, o la produzione di saperi critici? E proprio parlando di saperi critici: quanto scuola e università sono responsabili nel costruire il mito dell’iperproduttvità, spesso infilandolo tra le pieghe di parole come “merito” ed “eccellenza”?

Queste sono solo alcune delle domande che che incalzano la nostra vita e le mobilitazioni che intendiamo condurre. Le risposte sono tutt’altro che ovvie, interrogano il nostro quotidiano e le forme di sfruttamento incontriamo, a volte senza saper dare loro un nome.

L’idea di “giustizia climatica” per noi parte da qui, dal ragionamento chi subisce le forme di produzione contemporanee e le sue retoriche tossiche. Su chi può trovare uno spazio di ribellione.


TALKS FOR CLIMATE JUSTICE

Fino a non molto tempo fa, la mancanza di un immaginario sull’emergenza climatica veniva definita “la grande cecità”. Oggi, grazie anche mobilitazioni alle grandi dei movimenti ambientalisti di crisi climatica si è iniziato a parlare in maniera più diffusa e tuttavia questo non basta, da diversi punti di vista.

Innanzitutto, niente viene fatto: da un punto di vista meramente pragmatico, i grandi cambiamenti che potrebbero ridurre la produzione di CO2 non vengono attuati. Il suolo continua a essere sfruttato con opere inutili e dannose, l’estrattivismo scava sempre più veracemente nelle viscere della terra, la produzione aumenta rimanendo il principale criterio di benessere di un paese, il commercio globale ingigantisce le sue rotte badando solo al profitto, incurante dei danni a persone e ambiente.

Al contempo, la responsabilità della situazione è rovesciata sui singoli, che vengono incalzati come se potessero modificare la situazione attuando misure «spesso poco più che ornamentali», come scriveva nel 2018 Luca Mercalli.

Dell’emergenza climatica dunque, si parla, ma poco e male. È in atto una “grande demistificazione che nega le responsabilità e nasconde i problemi più incisivi, nega le soluzioni.

Di questo vorremmo iniziare a discutere in una prima serie di seminari che coinvolgono ricercatori e ricercatrici che abbiamo incontrato nel nostro percorso. A partire da coloro che partecipano ai Researchers for Climate Justice nel tentativo di continuare a produrre ulteriori riflessioni “per” e “all’interno delle” mobilitazioni in atto.

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