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25 aprile: liberare il mondo dalla guerra

25 Aprile | 10:30 12:00

Concentramento corteo ore 10:30 – Piazza dell’Unità

Poche volte come quest’anno il 25 aprile è stato un tema così dibattuto. Il ricordo della liberazione dal nazifascismo viene oggi esplicitamente attaccato da personaggi del governo che, nelle sedi istituzionali, trovano risposta a dir poco timide, quando non incoerenti, viste le politiche dei governi precedenti. Tuttavia, il dibattito apre a noi l’occasione di risignificare questa ricorrenza, indagando quali sono le ingiustizie di oggi, formulando ideali di giustizia che siano capaci di ispirare un futuro diverso.

Sono giorni cupi. Le nuvole nere all’orizzonte non sono cariche di pioggia, ma del fumo nero delle bombe che cadono su Gaza e dei proiettili nei territori occupati in Cisgiordania. E tutto questo avviene con l’appoggio degli stati europei, Italia compresa. Dovevamo uscire migliori dalla pandemia, ne siamo usciti guerrafondai: in Italia dal 2019, l’esportazione di armi è aumentata del’86%. Collaboriamo coi genocidi, produciamo ecocidi.

È questo ciò che chiamiamo giustizia?

Il nostro Parlamento ignora le voci dei popoli oppressi, le grandi aziende del nostro paese ricorrono al greenwashing, mentre speculatori del cemento spacciano il consumo di suolo per una misura utile per l’ambiente. Dove si vuole diminuire l’uso dei mezzi privati si allargano le strade, dove si vuole mitigare le temperature si abbattono alberi. Dove si predica pace, si producono bombe.

È questo ciò che chiamiamo giustizia?

Lottare per un mondo diverso è sempre più difficile e le proteste trovano risposte sempre più repressive. Lo abbiamo visto negli anni con le lotte No-Tav, lo abbiamo vissuto recentemente con le manifestazioni a Roma e a Pisa con i manganelli a contrastare il dissenso. Nella nostra città, la protesta al Parco Don Bosco ha dovuto subire una giornata di cariche perché si aprisse un dialogo con le amministrazioni. E i risultati sono ancora tutti da vedere.

È questo ciò che chiamiamo giustizia?

Come nelle epoche più buie, le classi più povere sono attaccate con ferocia. Non solo il reddito minimo è stato eliminato quasi senza opposizione, ma i luoghi di lavoro sono colpiti con sfrontatezza. I fondi di investimento e i manager che li gestiscono decidono di spostare all’estero la produzione di industrie col bilancio in attivo. Le conseguenze pesantissime, come vediamo in Stellantis e nelle sue affiliate: GKN, MagnetiMarelli, Maserati… E così passaggio alle fonti rinnovabili e le vite di chi lavora sono sul piatto di una trattativa il cui scopo è l’aumento dei super profitti.

È questo ciò che chiamiamo giustizia?

Di ciò che si chiama “democrazia” rimane poco più di un simulacro. La discussione si esaurisce, le decisioni sono già prese prima ancora che vi sia un confronto. E questo, come sappiamo bene, avviene anche a livello locale, come ricorda la richiesta evasa della Valutazione di Impatto sanitario sul Passante. Parallelamente si getta discredito sulle forme di partecipazione che dal basso reclamano la loro voce.

È questo ciò che chiamiamo giustizia?

Al fumo nero che le nazioni, le classi dirigenti e le grandi potenze economiche stanno innalzando le realtà ecologiste rispondono all’unisono. Producendo lotte nei territori, cercando punti di contatto col popolo palestinese, affermando nuovi modelli di giustizia.

Le uniche nuvole che accettiamo all’orizzonte sono quelle della pioggia che non scende. Il resto, il fumo soffocante che si presenta di fronte a noi, non lo vogliamo.

In questi giorni cupi, il nostro 25 aprile è vivo più che mai. E ha fame di un futuro che è tutto da costruire.

AMO Bologna | Bologna for Climate Justice | Fridays for Future Bologna