COSTRUIRE L’ECOSISTEMA DELLA GIUSTIZIA CLIMATICA: CLIMATE JUSTICE UNIVERSITY

In questi anni, la crisi climatica si è presa la ribalta. Non solo per le grandi mobilitazioni del 2019, che in tanti angoli del mondo hanno visto milioni di giovani scendere in piazza. Ma, anche, per le conseguenze sempre più evidenti del riscaldamento globale, con siccità ed eventi meteorologici estremi, ondate di calore e di gelo, incendi devastanti e alluvioni catastrofiche. D’altra parte, il sistema economico e sociale che è alle radici di questa situazione non è stato scalfito, e le mobilitazioni – grandi o piccole che siano – non hanno finora prodotto risultati dirompenti.

Pur essendo rappresentata nell’immaginario collettivo da un Pianeta in fiamme, la crisi climatica non è una questione meramente ambientale. Essa, invece, è soltanto l’ennesima faccia con cui si presenta un sistema economico e sociale che nei secoli ha colonizzato, sfruttato, depauperato, legittimando la ricchezza di pochi costruita sulle schiene di molt*. Le stesse soluzioni discusse a livello internazionale rappresentano, in fin dei conti, nuovi strumenti per garantire processi di accumulazione, mentre le disuguaglianze vengono nascoste dietro a una ‘fair transition’ che si rifiuta di mettere in discussione le forme e gli strumenti con cui questi processi si sono dati e consolidati. 

Da questo punto di vista, la crisi climatica è una questione primariamente sociale e politica. Rappresenta la scelta consapevole di mettere a valore non soltanto il Pianeta, ma la vita di miliardi di persone. Questo processo non sarà messo in discussione nelle COP che ogni anno annunciano l’impegno internazionale ad affrontare il riscaldamento globale, e non sarà ribaltato da testi legislativi e impegni amministrativi. D’altra parte, come è emerso anche in tanti percorsi di mobilitazione degli ultimi anni, la sola chiave ecologista non è sufficiente ad aprire le porte di “altri mondi possibili”, mentre le convergenze hanno bisogno di affinare saperi e concetti intersezionali ed interdisciplinari. 

Se vogliamo guardare alla crisi climatica come allo spazio di opportunità per “ribaltare i rapporti di forza”, dobbiamo indagare nuove prospettive e (de)costruire nuovi concetti. Per farlo, dobbiamo evitare di ‘mostrificare’ tutto ciò che, oggi, non possiamo controllare, e allo stesso tempo di ‘ecumenizzare’ tutto ciò che abbiamo fatto, detto, scritto, affermato. Il nostro sguardo deve andare oltre il quotidiano, immaginando il possibile laddove non c’è stata esplorazione, per costruire suggestioni, processi e progetti appetibili. Dobbiamo strutturare la metropoli nella quale tante vorrebbero vivere, ma che non ha posto per razzisti e sfruttatori. Dobbiamo pensare alle nuove forme delle relazioni sociali, perché in esse stanno le leve per cambiare traiettoria alle società. Dobbiamo rifondare il concetto di benessere, perché non è nell’austerità che costruiremo vite degne per tutte. 

Per questo, vogliamo costruire un’università della giustizia climatica. Non uno spazio d’insegnamento, ma di interrogazione e discussione. Perché, se ci è chiaro il valore ampio della giustizia climatica, non abbiamo ancora sufficienti strumenti interpretativi per definire l’ecosistema della giustizia climatica, e la sua dimensione pienamente sociale. Come, per esempio, le rivendicazioni di chi lavora in settori come la logistica possono intrecciarsi con il bisogno di un diverso uso dello spazio pubblico? Come il diritto a una casa si lega con la qualità energetica degli edifici? Come l’ambizione di cambiare e ripensare le città può garantire la qualità della vita di chi la abita? In altre parole, con queste e altre domande ci interroghiamo su come i bisogni sociali possano diventare motore per affrontare la crisi climatica, mentre la rivendicazione di una vita degna possa essere il percorso per sfidare le cause del riscaldamento globale.

Attraverso i workshop e i seminari, vorremmo proporre dei potenziali temi di discussione per cercare i nessi e i nodi per suggestionare una riflessione collettiva che vada oltre la nostra comune apprensione per la crisi climatica e le sue ingiustizie, e sappia delineare altri mondi possibili. Lo vorremmo fare a partire da tante domande, che elenchiamo di seguito. 

1. Lo spazio urbano e la giustizia climatica

Cosa consideriamo come spazio urbano? Quali sono gli elementi che definiscono il benessere all’interno dello spazio urbano? Come si vive lo spazio urbano? Cos’è lo spazio non urbano, e come si relaziona con quello urbano? Lo spazio urbano è piattaforma? E le piattaforme sono spazio urbano?

2. L’energia e la giustizia climatica

Cosa consideriamo energia? Qual è la traiettoria tecnologica delle energie? Come consideriamo l’energia in rapporto alla quotidianità? Che ruolo ha l’energia nella crisi climatica? E nel costruire giustizia climatica?

3. Mobilità e giustizia climatica

Cosa significa mobilità nella contemporaneità? Qual è la relazione tra mobilità e benessere? Esiste una dimensione collettiva della mobilità? Qual è il rapporto tra mobilità e infrastrutture?

4. Alimentazione e giustizia climatica

Cosa significa garantire accesso al cibo? Che ruolo hanno le innovazioni tecnologiche nel definire l’alimentazione? Qual è il rapporto tra terra e alimentazione? E tra lavoro e alimentazione? 

5. Attivismi, saperi e giustizia climatica

Quali culture per la giustizia climatica? Qual è il legame tra eventi culturali e benessere? E tra conoscenze e società? Come i percorsi educativi possono favorire la giustizia climatica? Su quali rapporti si gioca il nesso istituzioni educative e crisi climatica? Qual è il ruolo degli istituti finanziari e delle corporation in questi campi? Quali forme di attivazione, attivismi e partecipazione per costruire pratiche di giustizia climatica?

6. Giustizia climatica, salute, welfare

Che ruolo può avere il welfare nelle trasformazioni in senso ecologico della società e del lavoro? Quali forme di reddito e sostegno economico sono necessarie per affrontare le ingiustizie sociali derivanti dalla crisi climatica? Che tipo di sistema sanitario è necessario per far fronte all’intensificarsi di eventi e patologie connesse alla crisi climatica? Come può la giustizia climatica diventare uno spazio di lotta e convergenze per una sanità pubblica e accessibile proprio mentre processi di privatizzazione si fanno largo?