Il primo Climate Pride di Bologna, sabato 12 aprile, è stata una splendida giornata di convergenze ed ecologie urbane. Migliaia di persone e una moltitudine di gruppi, collettivi, associazioni, hanno partecipato non per chiedere a qualcun* di fare qualcosa, ma per rivendicare spazi delle ecologie urbane dove sperimentare pratiche collettive che possano attraversare ogni angolo della città. Desigillare, forestare, sono verbi che ormai risuonano in tutto il mondo: è a partire da essi che vogliamo costruire transizioni dal basso. Prossimo appunamento: mercoledì 14 maggio, quando porteremo a Palazzo d’Accursio le ecologie urbane. Pubblichiamo di seguito l’interevento conclusivo, e una prima photogallery con gli scatti di Michele Lapini.
Vogliamo iniziare questo intervento finale ringraziando tutte le soggettività collettive, i gruppi, le associazioni che hanno contribuito a costruire questa splendida giornata per la giustizia climatica e sociale. Ma non finisce qui! Questo Climate Pride è solo una tappa in un processo che ha attraversato tanti momenti collettivi, e la prossima tappa sarà il 14 maggio, quando vogliamo portare a palazzo D’Accursio la potenza della giornata di oggi!
(continua dopo le foto di Michele Lapini)
Il mondo è attraversato dalle guerre e dalla corsa al riarmo, mentre in Palestina è in atto un genocidio. Le velleità di una transizione ecologica dall’alto sono state seppellite dal peso di miliardi di euro da investire in carri armati e bombe. Il patriarcato uccide, ogni settimana. I luoghi che abitiamo sono attraversati dalla crisi climatica: acqua e fango invadono le nostre case, si portano via vite e fanno miliardi di euro di danni. E abbiamo visto come la solidarietà dal basso sia stata la fondamentale risorsa per difendere noi e il territorio. Siccità e ondate di calore rendono invivibili i nostri quartieri e mettono a rischio le coltivazioni.
L’abbiamo urlato oggi e dobbiamo continuare a urlarlo il prossimo 14 maggio: “La transizione dall’alto ha fallito!”. Lo vediamo nelle strategie europee, nelle politiche nazionali, nelle scelte regionali, e lo vediamo nella nostra Bologna, che anche dopo le alluvioni continua a consumare suolo, aumenta le tariffe del trasporto pubblico, è incapace di produrre una visione ecologica della città. Una città nella quale grandi parti del nostro territorio continuano a essere abbandonate e soggette agli appetiti della speculazione: pensiamo alle aree delle ex caserme, ai Prati di Caprara, all’ex CRB, per citare solo alcuni esempi.
Non siamo qui per chiedere a qualcuno di fare qualcosa. Siamo qui per dire che vogliamo gli spazi per fare dal basso tante cose. Questo è il messaggio che vogliamo portare collettivamente in Comune il prossimo 14 maggio. Spazi liberi per sperimentare, testare, praticare. Spazi aperti per discutere, approfondire, conoscere. Spazi collettivi per costruire le transizioni ecologiche, a partire da verbi che risuonano in tutto il pianeta, come ‘desigillare’ e ‘forestare’.
Se la transizione dall’alto ha fallito, sono le pratiche dal basso che possono costruire le forme collettive per vivere nella crisi climatica. Togliere asfalto, fare foreste urbane, costruire orti collettivi, elaborare conoscenze plurali. In poche parole: fare spazio al suolo e alle acque, alla vegetazione e alle persone.
Nelle ultime settimane abbiamo indicato l’area dell’ormai ex Ippodromo come un possibile terreno di sperimentazione delle ecologie urbane dal basso. Un grande spazio urbano in un quartiere ricco di attivismi e contraddizioni. Per iniziare a dimostrare, attraverso le nostre pratiche quotidiane, che a Bologna devono nascere tanti nuovi spazi delle ecologie urbane, dove desigillare, forestare, ibridare i saperi, reimmaginare le nostre relazioni con e nello spazio pubblico.
Per questo, per altro, per tutto, oggi abbiamo attraversato questa città. E continueremo a farlo nelle prossime settimane, sperimentando il terreno delle pratiche e arricchendo quello delle iniziative: il 14 maggio, tutte a Palazzo d’Accursio, per portare collettivamente le ecologie urbane che vogliamo veder germogliare nella nostra città.
Abbiamo scritto che questo presente, fatto di guerre, alluvioni, crisi climatica, non è il nostro futuro. E il futuro, come sempre, è una pagina da scrivere collettivamente: costruiamo ecologie urbane, riprendiamoci la città!